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La riabilitazione fisica

Ultima modifica il 2 Marzo 2024

La Ciclette

Ora ero “sveglio” da qualche giorno (secondo il diario di degenza attorno al 7 marzo 2021) e i medici avevano deciso che dovevo iniziare a ripristinare la muscolatura che in questi mesi era andata scomparendo.
Al mattino arrivava un ragazzo molto giovane e atletico che mi prendeva gli arti e me li muoveva in maniera passiva in quanto non avevo la forza di muovere nulla se non la mano.
In quel periodo ero preoccupato anche perchè non avevo alcuna sensibilità agli arti inferiori e al braccio desto, questa cosa mi spaventava molto, e rendeva il mio stato d’animo molto buio e pessimista.
Un pomeriggio invece arrivò con una mini ciclette e la mise sul letto.
Mi veniva da ridere, per non dire da piangere, come avrei fatto a pedalare se non sentivo neanche le gambe?
Prese le mie gambe e lego i piedi ai pedali con un velcro, poi accese la macchina e improvvisamente stavo pedalando, … o meglio la macchina mi faceva pedalare senza che io facessi praticamente nulla.
Era però un altro traguardo che avevo raggiunto, erano tutti traguardi molto piccoli e questa condizione mi rendeva impaziente e demoralizzato per non riuscire a fare di più. Ero abituato a obiettivi più concreti e questi mi sembravano “inutili” o quasi. Ma pian piano, come continuavano a dirmi tutti qualche miglioramento iniziava a vedersi, anche molto piccoli; un traguardo che mi mancava era quello di poter mangiare autonomamente e non con quella sonda. 

Le uscite all’aria aperta con Carmen

Ora riuscivo a stare in poltrona anche per delle ore.
Passavo il mio tempo a curiosare cosa facevano gli infermieri, consapevole che essendo stato soccorritore professionale le mie conoscenze mi rendevano molto critico nel giudicare le varie procedure sanitarie, l’odine delle azioni e i metodi procedere.
Dopo alcuni giorni però la routine iniziava a diventare noiosa e il tempo faticava a passare.
Un a mattina con mia grande sorpresa arriva un infermiera di nome Carmen che mi propone di uscire a prendere aria. In un primo momento mi sono spaventato, passare dalle cure intense all’aria aperta non era per niente scontato e non avevo mai sentito di una procedura o terapia che contemplasse questa azione.
Sinceramente ero timoroso, in cure intense ero controllato, monitorato, avevo il ventilatore sotto mano e tutto quanto poteva tenermi in vita in caso di un imprevisto, ma se mi fosse successo qualcosa al di fuori non delle cure intense ma bensì al di fuori dell’ospedale, cosa sarebbe successo?
Subito Carmen mi tranquillizzo e mi rassicurò, lei aveva l’ossimetro a portata di mano, anzi di dito e inoltre avremmo portato con noi la bombola dell’ossigeno. Avevo paura, ma non vedevo l’ora di mettere il naso fuori e sentire la freschezza e la temperatura dell’aria esterna e magari sentire qualche profumo.
Una volta in poltrona mi mise una coperta che mi avvolgeva il corpo, praticamente da quelle coperte usciva solo il mio capo. Mi portò fuori davanti all’eliporto dell’ospedale, non arrivò alcun elicottero, ma in compenso c’era un via vai di persone che entravano e uscivano da quella porta. C’era chi usciva per fumare e chi entrava per andare al lavoro, non ero più abituato a vedere così tante persone e la cosa mi stancava parecchio, sebbene non dovevo interagire con loro. Fu una delle più belle esperienze che feci durante il ricovero, anche se l’unico profumo che riuscii a captare è stato quello del fumo di sigaretta. Altre due esperienze esilaranti sono state il promo bicchier d’acqua e il primo gelato al limone, ma di questo ve ne parlerò in un altro momento.

Mangiare e bere, un azione spontanea

Portare il cibo alla bocca, masticare, gustare, deglutire, digerire, … e infine evacuare, tutte azioni scontate, fisiologiche. Purtroppo in questi mesi il mio corpo aveva scordato tutti questi automatismi.
Anche se i medici avevano deciso di non rimettermi la sonda-nasogastrica dopo essermela strappata, non mi era permesso mangiare e bere nulla, dovevo attendere la valutazione della logopedista prima di poter mangiare o bere qualsiasi cosa.
Pensavo fosse una cosa naturale poter tornare a nutrirsi, invece dovetti ben presto ricredermi.
Arrivò la logopedista, una giovane ragazza con i capelli lunghi biondi, lontanamente mi ricordava mia figlia Asia.
Aveva con se un vassoio con dei passati, dell’acqua e un liquido bluastro.
Si presentò e mi disse che era venuta per valutare se ero in grado di ingerire cibi solidi o liquidi.
Ero abbastanza tranquillo, anche se avevo ancora la tracheostomia, senza sonda naso-gastrica mi sentivo meglio e dentro di me … sbagliando pensavo, cosa sarà mai un test per deglutire.
Mi fece aprire la bocca e mi mise delle gocce di questo liquido blu sulla lingua.
In seguito mi diede qualche cucchiaino di acqua e me lo fece ingoiare e poi mi disse di tossire, mi sembrava che il test fosse andato bene. Mi chiese di aprire la bocca e mostrargli la lingua, così feci, convinto di aver superato il test spalancai la bocca.
Guardò il mio cavo orale e subito mi disse, purtroppo dobbiamo fermarci qui, lei è disfagico e se dovesse ingerire dei liquidi o dei solidi con molta probabilità le andranno a finire nella trachea e nei polmoni.
Ero scoraggiato, avevo la convinzione di aver superato l’esame senza problemi e che poche ore dopo avrei potuto mangiare.
Nei giorni a seguire mi diedero unicamente dei liquidi con un addensante che rendeva l’acqua una specie di gelatina, disgustosa nel gusto e nella consistenza.
Ogni giorno chiedevo di poter ripetere questo test, ma la logopedista non era disponibile, o forse mi dicevano così in quanto ritenevano che fosse troppo presto per ripeterlo.
Finalmente dopo una settimana di gelatina ho potuto ripetere il test, ero nervoso e cercavo di concentrarmi per cercare di deglutire e tossire nel migliore dei modi in modo da non aver più questo blu in bocca.
Con un sorriso mi disse che potevo iniziare a mangiare una dieta per disfagia, in pratica tutti i cibi venivano frullati e resi una purea. Invitante? Neanche per sogno, ma meglio di niente.
Quando la logopedista se ne andò chiesi subito un bicchiere d’acqua fresca, me lo portarono dopo qualche minuto.
L’infermiere restò li accanto per assicurarsi che non avessi problemi ad ingerire l’acqua.
Presi il bicchiere e iniziai a sorseggiarne un goccio, era meglio del miglior Champagne che avessi mai provato, erano 3 mesi che non bevevo un po’ d’acqua.
Quel bicchiere d’acqua mi diede un sensazione esilarante e in quel momento mi sentii pienamente soddisfatto e appagato. Il cibo invece non era il massimo, quei frullati di carne e verdure mischiati tra loro non erano invitanti ne visivamente ne dal lato gustativo, non riuscivo a capire cosa stavo mangiando.
Alla fine del pasto però arrivo la seconda soddisfazione più grande, un sorbetto al limone, una vera delizia.
Il fresco del gelato che scendeva in gola e il gusto agrumato del limone, cosi rinfrescante mi lasciava un buon sapore in bocca. Acqua e sorbetto al limone, erano le due cose che davano le migliori sensazioni, sensazioni che non provavo più da lungo tempo.
Gli infermieri avevano fatto scorta di sorbetto al limone per evitare che restassi senza, in quanto il gelato alla vaniglia e al cioccolato non mi dava la stessa sensazione di piacere.
Ero in cure intense da molti mesi e ormai mi conoscevano tutti e tutti mi coccolavano e cercavano di rendermi il soggiorno il più piacevole possibile, anche se le canale e i presidi che invadevano il mio corpo erano ancora molti e non sapevo quando me li avrebbero tolti.
Giorno dopo giorno riuscivo a raggiungere un piccolo traguardo e ottenere delle piccole soddisfazioni, il lavoro era ancora lungo e spesso incappavo nella frustrazione e nello scoraggiamento ma poi mi rialzavo e cercavo di affrontare l’ostacolo sucessivo.


Articolo ETHZ: “Successo terapeutico grazie alla determinazione e ai robot”

Dopo aver sofferto di un grave caso di Covid-19, Roger Gassert ha scoperto da solo quanto sia importante la riabilitazione per il recupero.
Il professore di ingegneria riabilitativa dell’ETH intende ora assicurarsi che i pazienti traggano vantaggio dai suoi sviluppi.

https://ethz.ch/en/news-and-events/eth-news/news/2023/12/globe-portraite-roger-gassert.html




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